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Licy… non soltanto la moglie di Tomasi ma una “giovane anima”

martedì 28 Agosto 2018
copertina

Gabriele mi ha invitato più volte alla presentazione del suo libro. Addirittura mi aveva chiesto di presentarlo. L’ho letto. E letto bene.
Che dire? In un’Italia nelle cui classifiche di libri più venduti ci sono i romanzi di Fabio Volo, i saggi di Odifreddi, le elucubrazioni di Saviano (e quando ci va bene un Camilleri, che non si nega mai), in questa Palermo dove gli scrittori di libri sono il 126% dei lettori.

Qui, insomma, “Gli appunti di una giovane animaavrebbe dovuto essere il libro dell’anno e Gabriele una bella sorpresa (non per me) di intellettuale a tutto tondo. Non è un romanzo, non una biografia, Non un saggio. Ma è un fenomeno letterario particolare, che dà vita e voce a un pezzo di Storia. Mondiale.

In cui entriamo tutti noi e in cui, come negli specchi concavi composti di decine di esagoni presenti in alcuni quadri fiamminghi, si riesce a vedere

Gabriele Bonafede
Gabriele Bonafede

riflesse mille diverse immagini di uno stesso mondo. Alexandra Wolff von Stomersee (Licy) da noi è nota per essere stata la moglie di Tomasi di Lampedusa e la prima psicoanalista in Italia e, a maggior ragione, in Sicilia. Come curiosità vi dico che un mio amico fu suo cliente e, per un caso, tra i primi lettori della bozza di questo libro.

E’ lei la protagonista, anzi la guida turistica di un viaggio spettacolare e terribile che cambiò il mondo nella prima metà del secolo breve. C’è insieme la disgregazione degli stati Baltici, stretti dal pangermanesimo prussiano e dall’incedere della rivoluzione sovietica. Vive Licy il terrore dello sradicamento. Culturale, familiare. C’è una giovane anima che vorrebbe vivere come pensava di averne diritto e che deve rimettersi in gioco ogni giorno.

Convive per un tempo irrisolto il vecchio e tranquillo sistema e le nuove, temibili regole non ancora definite. Tristezza e insicurezza. Senza che Gabriele si monti la testa, confesso che è lì che mi venuto a mente Joseph Roth il cantore ineguagliato del crollo dell’Impero Austroungarico.
Licy, vive, parla e ama con piena coscienza dei tempi e del tempo.

Ci sono pagine della Grande Guerra. Le trincee. I lampi dei cannoni, il fetore della morte. E insieme la scoperta di un cameratismo fatale e rincuorante. Se mi sono ricordato di Erich Maria Remarque in “Niente di nuovo sul fronte occidentale”, non sarà stato un caso.
C’è l’amore per Giuseppe (Il Gattopardo). Un amore tanto solido e insolito da resistere a guerre, distanze,diversità di lingue, bombardamenti della coscienza mondiale.

C’è Palermo, c’è Villa Piccolo e i suoi incredibili padroni. C’è il Gattopardo che cerca di spiegare a un amico straniero che “noi siciliani ci sentiamo come dei… in Sicilia si sente Dio in terra anche l’ultimo dei braccianti… tutto ruota sulla sua individualità…”.

Leggere questo libro e dopo dare un’occhiata alla decadenza della nostra città o all’angoscia della nostra politica nazionale o alle paure della globalizzazione o al terrore di nuove, irraccontabili guerre, leggerlo ci fa convinti che dobbiamo capire che la precarietà di tutte le nostre conquiste, di ieri, di oggi e domani, ha come unico stabilizzatore la cultura, la democrazia e i riconoscerci come umani. Insomma questo libro mi è piaciuto. Bravo Gabriele.

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