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Mafia, ladruncoli, o collezionisti seriali?

giovedì 10 Gennaio 2019
gippetto

Quando si sente parlare di opere trafugate, molto spesso si pensa ad un gesto occasionale, magari a cura di balordi o inconsapevoli ladruncoli, che con poca esperienza arraffano alla meglio quello che capita sotto mano.

Quello che invece è poco conosciuto, è la capillare organizzazione criminale che sistematicamente programma i furti di opere d’arte e di reperti archeologici, che generano un proficuo business al pari di una multinazionale. Organizzazioni, che si muovono per insospettabili committenti o altri “colleghi” criminali che utilizzano le opere d’arte trafugate per pagare armi e droga.

Guercino Il triste elenco delle opere d’arte trafugate nel nostro territorio vanta opere di ogni genere, come ad esempio la pala dipinta dal Guercino che si trovava nella chiesa di San Vincenzo a Modena: La Madonna con i santi Giovanni Evangelista e Gregorio Taumaturgo. Un pezzo che era stato esposto poco prima nella mostra alla Reggia di Venaria di Torino dal titolo “Splendori delle corti italiane: gli Este”. Non a caso riportiamo questo dato: un indizio che ci riporta alla memoria un altro celeberrimo furto, anche quello di una tela di grandi dimensioni esposta precedentemente, anche in quel caso, in una grande mostra (a Milano), prima di essere trafugata a Palermo dall’Oratorio di San Lorenzo, nella notte del 17 ottobre del 1969: ovvero la Natività di Caravaggio.

Perché si ruba un oggetto d’arte così importante, apparentemente non facile da vendere? Chi è il committente? Un insospettabile maniaco che si nasconde tra noi? Proviamo a fare un profilo, una sorta di identikit di chi ruba le opere d’arte e dove vanno a finire.

Tre ipotesi dal sapore Thriller.

Escludendo i ladruncoli occasionali che quasi mai riescono a vendere le opere trafugate, che saccheggiano senza sapere cosa si troveranno davanti, i ladri del Guercino, ad esempio, sapevano benissimo che l’opera doveva viaggiare insieme alla sua cornice e al telaio; potremmo anche escludere l’ipotesi del riscatto, considerato che il pezzo non era assicurato (così come la Natività di Caravaggio), e quindi nessuna compagnia sarebbe stata disposta a pagare. Anche la chiesa non sarebbe stata in grado di riscattare il dipinto, considerato che non aveva neppure la possibilità economica di mantenere un adeguato sistema di allarme.

Allora chi rimane? In questi ultimi decenni, abbiamo messo a punto un nuovo approccio all’analisi di questo tipo di crimine, pertanto riteniamo 23078-este_cupido_2probabile che una pista percorribile si possa individuare in uno di questi profili:

1) l’avventura criminale di un gruppo finanziario o di un’organizzazione malavitosa come la mafia oppure la yakuza giapponese, che potrebbero custodire le opere presso caveau di banche compiacenti, per ricavarne pagamenti o fidi da reinvestire in altri traffici, oppure esercitare una pressione per “trattative” già conosciute in passato;

2) furto a scopo di contraffazione, una ipotesi sostenibile per quelle organizzazioni internazionali che intendono ricavarne dei falsi, i quali possono poi essere immessi facilmente nel mercato tramite “rimaneggiate” collezioni o incaute Case d’aste;

3) infine il collezionista seriale il “serial collector”, uno che vuole possedere a tutti i costi un quadro, spinto dal desiderio di manipolare e dominare; che vuole avere il potere di decidere se l’opera deve vivere in pubblico o morire nel silenzio di una stanza segreta, nascosta al mondo esterno per godersela da solo. Come nel film di Giuseppe Tornatore “La migliore offerta”, dove il protagonista Virgil Oldman teneva gelosamente in una stanza segreta le “sue” opere, oppure il caso più emblematico della storia recente è quello dell’austriaco Robert Hecht, soprannominato Mozart che ha commercializzato per cinquant’anni un numero incredibile di pezzi archeologici, provenienti dal nostro Paese. In alcuni casi con la convinzione di poterli custodire nel suo “museo emporio” meglio dell’Italia. Creando ad hoc anche un’agenzia turistica specializzata in escursioni sui siti antichi, un’abile copertura per trasferire le opere nei bagagliai dei pullman dei gitanti.

COME AGISCE IL SERIAL COLLECTOR

Su quest’ultima ipotesi intendiamo porre l’attenzione; su questi ricettatori o committenti, insospettabili personaggi della società civile, potenti industriali o ricchi collezionisti senza scrupoli, sparsi in tutto il pianeta, affetti da una sindrome maniacale e possessiva nei confronti degli oggetti d’arte.

Come agisce un serial collector? Pensate per esempio a un documentario sulle tecniche di caccia di un leone. Il felino avvista un branco di zebre che si stanno abbeverando, ne sceglie una fra migliaia, facendo leva sull’esperienza che lo indirizza subito a percepire la vulnerabilità, la diversità dell’esemplare più debole in cui riconosce la vittima ideale. Certi collezionisti seriali fanno lo stesso, sempre a “caccia”, in cerca del pezzo più importante da possedere.

51977-shutterstock_421827739Supponiamo adesso, che il nostro “collezionista” si trovi a una mostra, per esempio alla Reggia Venaria di Torino, in cerca della “sua” opera. Mescolato tra i visitatori, si trova immerso tra le tante opere d’arte esposte, e mentre le osserva la sua ossessione lo fa diventare un cacciatore: deve riuscire a individuare la preda potenziale. Capire quale, tra tutte, è la più vulnerabile, la vittima prescelta. Prende nota delle dimensioni, trasportabilità, rintracciabilità, sistemi di guardiania e sicurezza del sito d’origine, dove da lì a poco ritornerà. Una volta fatta la scelta, deve sapere con esattezza di chi fidarsi e magari concordare come fare per portare via l’opera senza lasciare indizi né sospetti.

Proprio gli indizi bisogna saper interpretare nello stesso modo in cui un medico valuta i vari sintomi per diagnosticare una malattia. Sir Arthur Conan Doyle disse per bocca di Sherlock Holmes:L’eccezionalità costituisce un indizio. Più anonimo e comune è un delitto, più diventa difficile risolverlo”.

In poche parole, più accurato è l’identikit, maggiori saranno le possibilità di restringere la rosa dei sospetti e arrivare così all’individuazione del colpevole. Forse guardando e riguardano i filmati della mostra di Torino, si potrebbe anche riuscire a individuare chi si soffermava più spesso davanti quell’opera trafugata…

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