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Pasqua in Sicilia, dalla carne d’agnello ai pupi cù l’ova: ecco il tour gastronomico

mercoledì 13 Aprile 2022

In Sicilia ogni scusa è buona per dilettarsi in cucina e le feste Pasquali hanno una tradizione tutta loro. Diverse sono le pietanze che si è soliti preparare, dal dolce al salato.

A Pasqua infatti si è soliti preparare diverse ricette in cui l’elemento predominante è la carne d’agnello, ma ci si prepara a gustare anche una vasta varietà di dolciumi come i “pupi cù l’ova”, le pecorelle di pasta reale o la classica cassata. Le forme di questi dolci casalinghi sono tantissime e spesso curiose così come i nomi con i quali vengono indicati.

A Favara, nell’Agrigentino, si prepara come dolce un agnello di Pasqua ripieno di pistacchio: uno sfizio unico al mondo. Molto celebri, poi, sono le Cassatelle di Pasqua, crostatine di ricotta tipiche del Ragusano. A Castelbuono, nel palermitano, non possono mancare “I’ cosi i Pasqua”

Per quanto riguarda le preparazioni salate, ad Aragona, sempre nell’Agrigentino, viene cucinato il Taganu, un ricco piatto di pasta fatto al tegame, realizzato con carne e formaggi. Vi è anche la “Pasta ‘ncaciata”, un tipo di pasta al forno fatta con carne e ricca di spezie. Come secondi vi sono il tradizionale agnello al sugo con patate e un altro classico, il capretto al forno. Il tutto viene servito con le cipolline in agrodolce, che è un sapore molto amato dalla cucina siciliana.

Sua Maestà la Cassata

La Cassata costituiva, almeno fino all’epoca in cui veniva preparata solo per Pasqua, il punto di arrivo per una completa e appagante celebrazione delle festività.
Oggi è il dolce che in tutto il mondo si identifica con la pasticceria siciliana. L’origine di questa prelibatezza è araba ma oggi il suo gusto e la sua forma, si devono , a quanto pare, alle suore del Monastero di Valverde di Palermo che, intono alla metà del 1700, ne modificarono la forma e il contenuto aggiungendo pan di spagna e glassa colorata.

I pupi cù l’ova

I dolci pasquali sono diventati ormai quasi delle opere d’arte della pasticceria tradizionale e storicamente nascono come ‘pani speciali’ diversi da quelli di consumo quotidiano. Al simbolismo originario della Pasqua come rito di rinascita della natura si riconnettono i dolci che contengono ad esempio l’uovo, elemento centrale che con l’avvento del cristianesimo ha assunto in sé il significato simbolico della resurrezione e della speranza, e che campeggia in molte preparazioni pasquali e non solo siciliane.
I pupi cull’ova sono dei particolari pani o paste dolci di diversa grandezza e con forme di bambola, di pupattola, di prete, di colomba o altro, sopra e dentro le quali vengono racchiuse delle uova sode. Assumono nomi diversi a seconda della località in cui sono preparati, (“campanaru” o “cannatuni” a Trapani, “pupu ccù l’ovu” a Palermo, “cannileri”nel nisseno, “panaredda” ad Agrigento e e Siracusa, “cuddura cull’ovu” a Catania, “palummedda” nella parte sud occidentale dell’isola) .

Si sono inoltre introdotte sovrastrutture decorative sempre più elaborate in cambio dei tradizionali semi di sesamo o di papavero. L’attuale pane dolce viene così ricoperto da glassa di zucchero, albume e limone (marmurata, vilata, allustrata o jelu, a seconda delle parlate).

Le uova che si inseriscono generalmente sode, possono essere colorate di rosso, il colore della fertilità. La colorazione può essere ancora oggi rudimentalmente ottenuta mettendo a bollire le uova in un infuso ottenuto da una speciale radice, la rùggia. Più frequentemente si usa strofinare sul guscio dell’uovo della carta velina resa leggermente inumidita.

Le pecorelle

“I picureddi” sono dolci a base di pasta reale, a forma di agnello con una posa classica ovvero sdraiato su un fianco, sopra un prato verde disseminato di confettini multicolori, con una banderuola rossa simile a quella che nell’iconografia sacra è in mano a San Giovanni, infilzata sul dorso”. La pasta reale è un composto realizzato con pasta di mandorle dolci, albume d’uovo e zucchero. Il nome deriva dall’arabo Mauthaban che originariamente indicava una moneta, poi un’unità di misura, quindi lo stesso contenitore del marzapane.

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