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Povera Palermo finita… In buca!

domenica 26 Dicembre 2021

Ho, sinceramente, perso il calcolo delle volte, da buon monopattinista, in cui ho preso buche “potenti” lungo la strada, nonostante viaggiassi a velocità affatto elevate e fossi provvisto di tutti i sistemi di protezione del caso.

Eppure, più cammino sulle strade palermitane, ridotte ad un pezzo di formaggio pieno di buchi, e più seguito a chiedermi come possa essere possibile questo statico e silenzioso immobilismo imperante: si, siamo d’accordo, c’è sempre quella storia dello scaricabarile burocratico, in cui tutti danno la colpa a tutti, ma io, da cittadino, da monopattinista che rischia l’osso del collo, pretendo di sapere perché le strade siano ridotte così, e pretendo, e ho tutto il diritto, che le strade siano degne di essere chiamate con questo nome, e che, al contrario, non vadano a rappresentare un pericolo costante non soltanto per chi usa i moderni mezzi di mobilità come, appunto, i monopattini, ma anche per scooteristi e, in generale, per gli automobilisti, che si ritrovano ad aver a che fare con pneumatici squarciati e paraurti fracassati, esattamente come certe parti anatomiche degli automobilisti in questione!

Tuttavia, credo anche che non ci sia neanche tanto da meravigliarsi: il problema delle strade colabrodo di Palermo è tutt’altro che nuovo, e qui faccio appello alla memoria storica di chi ha qualche anno in più, e vi riporto indietro con la mente ad un anno preciso. Il 1978: già quasi 44 anni fa, infatti, ci lamentavano di questo pericolosissimo problema lungo le strade di Palermo, e così il buon Palermitano, rinomato per essere un genio quando si mette d’impegno, decise di sensibilizzare l’opinione pubblica con un curioso “cartello di pericolo”, che potete osservare nella foto a corredo di questo articolo.

Rivedendo quest’immagine, forse, a qualcuno sarà sovvenuto il ricordo di questo famosissimo cartello, che campeggiava, fiero, in Corso Finocchiaro Aprile, per noi palermitani “u Corso Olivuzza”, precisamente all’altezza di via Lo Forte, in direzione del Tribunale: già allora, evidentemente, c’erano guai con le buche cittadine, e questo fa capire quanto poco siano cambiate le cose durante questi anni e lungo tutte le varie amministrazioni cittadine che si sono succedute, di ogni genere, grado, colore, partito.

La verità è che noi palermitani siamo affezionati alle scaffe, questo è: probabilmente siamo consapevoli delle nobili origini che questa parola ha, derivante dal greco σκαφή (“scafè”, da non confondere con “schefè”, che a Palermo è un’altra cosa! N.D.Giomba) il cui significato è “avvallamento, depressione”, e facciamo tutto il possibile per tutelarne la storia e i nobili natali!

Vorrei ancora dire migliaia di cose, ma credo che il modo giusto di chiudere questo articolo, sia quello di dare voce ad un uomo che è stato tanto amato dalla città di Palermo, e che meglio di tutti ha saputo descrivere l’amore che i palermitani hanno per “le scaffe”, tanto da scrivere un componimento famosissimo: quell’uomo era Renzino Barbera, nella sua celeberrima “La Scaffa”. 

Sintissi amico mio,
non mi dicissi camurrusu
ma c’è purtusu e purtusu.

La scaffa siciliana è un’altra cosa: scaffa che vale!

Non è la scaffa usuale, settentrionale,
che campa massimo ‘na simana e menza
ed è senza esperienza.

Noialtri abbiamo scaffe greche,
scaffe Normanne, scaffe d’Aragona,
E uno… ci si affeziona!

Io ne canuscio una, alla circonvallazione
Ca è pi mia come una passione:
la vitti nascere.

Fui alla sua prima comunione (tra idda e un copertone).
Ora ch’è fatta granni: ne ha fatto danni.

Quando ci passo sto con gli occhi bassi…
Idda che fa? Mi arriconosce e mi cafudda un colpo
Accussì, per confidenza,
e sospensione me ne scassa menza.

Avantieri passai e non sentii niente…
Che dispiacere! Tornai precipitosamente
“Vuoi vedere che la tapparono, ‘sti disgraziati”?

Ma quannu mai!
Erano due carri armati
Ca dintra ‘a scaffa s’avevano sdirrupati.

Lei era la, bedda e sciacquata,
che mi guardava, tutta innamorata!

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