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Pretendo un Paese più Serio

sabato 3 Febbraio 2018
botindari social

Carissimi,
Oggi c’è bisogno di una seria programmazione e tanto denaro per manutenere il nostro immenso patrimonio immobiliare, infrastrutturale, scolastico, storico e artistico monumentale.
Non siamo un paese serio, continuo a dirlo, poiché davanti a questa emergenza c’è chi muore sul lavoro, c’è chi muore andando al lavoro e noi ogni volta ci risvegliamo e diciamo con meraviglia: “oooohhh!”
Oggi c’è bisogno di fare in fretta. Oggi c’è bisogno di avere tante risorse umane qualificate e tecnici competenti per dare risposte e gestire tali problematiche e la maggior parte delle pubbliche amministrazioni non si fanno trovare pronte, non risultano all’altezza e si lasciano sorprendere dalle “tragedie” che sovente accadono o semplicemente dagli inconvenienti gestionali giornalieri per l’utenza, pur sulla carta dichiarando organigrammi e strutture dedicate.
Per circa 130 anni, abbiamo avuto in Italia in vigore un “Regio Decreto” fatto subito dopo l’unità della nostra nazione, eppure per i primi cento anni e con quelle regole abbiamo fatto grandi opere civili e beni artistici monumentali ancora oggi in piedi e che tutti ci invidiano.
Poi Noi, la Patria del “Diritto” abbiamo voluto seguire i codici anglosassoni e abbiamo devastato tutto con il susseguirsi di normative inadeguate, farraginose, burocratizzate al massimo con inserimento di adempimenti e controlli amministrativi che rendono lunghi e interminabili i procedimenti per la realizzazione delle opere pubbliche, badando di più ad avere in ostaggio un “responsabile” nell’eventualità che qualcosa andasse male e attirasse l’attenzione della corte dei conti, badando di più ad avere una miriade di moduli firmati che invano impediscano l’infiltrazione della criminalità organizzata o fenomeni di corruzione. Voglio trovare un “funzionario corrotto” che precisiamolo è un delinquente che casualmente è anche un funzionario, che dichiari in questi vari moduli dell’Anticorruzione: “ho preso in tale data una mazzetta, oppure la nuova auto di mio suocero sono frutto della mazzetta che ho chiesto”.
Quanta carta inutile, quanto tempo perso, quanta ipocrisia ed è lì che a voler pensare male mi torna in mente Giovenale quando rifletto su: “Chi controlla i controllori?”
Prima si costruiva bene, con buoni materiali e con competenza, abbiamo ricostruito il paese per ben due volte dopo le guerre mondiali e la nostra pubblica amministrazione aveva al suo interno il fior fiore di tecnici e dirigenti di spessore. Avere un titolo di studio in certi periodi era una rarità, eppure dall’epoca dei concorsi per selezionare i più meritevoli a parità di titolo, siamo passati all’inserimento irrazionale e senza una selezione a monte paragonabile ad un pubblico concorso, di precari dando loro l’aspettativa di una stabilizzazione, stravolgendo il concetto di piante organiche e appesantendo i conti in ottica della parità di bilancio.
Parimenti, politiche scellerate in questi anni, hanno devastato la macchina pubblica distruggendo, di fatto, gerarchie e mansioni, assottigliando livelli, mortificando titoli di studio e creando una meritocrazia a ricatto.
Ci si sente dire spesso, “cucini con ciò che hai”, poi apri il frigorifero e ti rendi conto di averlo strapieno o di alimenti inutilizzabili o di pietanze tutte uguali e non sufficienti allo scopo e in quel momento ti rendi conto di non poter comprare nulla che ti necessiti perché non c’è spazio dove conservarlo o peggio non potresti più chiudere il frigorifero mandando a male quel poco che hai e che ti serve.
Parallelamente le stesse politiche scellerate hanno distrutto il mondo della libera professione, abolendo tariffe minime, uccidendo una professione intellettuale trasformandola in attività aziendale e commerciale.
La burocrazia che esiste in tutti i paesi del mondo, miscelata con una pessima legislazione, condita con tanta “ipocrisia” ha rallentato il paese e fatto perdere di vista le reali esigenze.
Attorno a quanto detto in queste righe girava l’economia della nostra nazione che da contadina non poteva diventare industriale ove non esistevano le risorse naturali.
Sento tante promesse, ma non ne sento una che mi proponga: “voglio costruire un futuro più giusto, più serio per il nostro paese”.
Un abbraccio Epruno.

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