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Profilo di un eremita. Il COVID ci farà diventare tutti degli asceti?

venerdì 11 Dicembre 2020

Per molti il COVID-19 ha comportato una vera e propria rivoluzione delle abitudini. Chi non ha mai praticato sport si è ritrovato ogni fine settimana in montagna a fare trekking. È così che il monte Gallo, a poca distanza da Mondello, già noto per il cosiddetto faro dell’eremita, in cima alla montagna dove il romito ha preso possesso di un immobile appartenente al Comune di Palermo, abbandonato con negligenza ed esposto alle intemperie e al degrado più totale e, utilizzando materiali da riciclo, come vetri e specchi rotti, ha realizzato delle opere d’arte che, unite a un panorama mozzafiato, consentono ai visitatori di fare una pausa rifocillante e arricchente da ogni punto di vista. Considerato il periodo storico, costellato dalla paura di essere contagiati e dalle restrizioni necessarie per evitare il diffondersi del virus pandemico, le passeggiate all’aperto restano una delle poche attività ludico-ricreative accessibili almeno a coloro che possono permettersi di camminare in salita per un sentiero ripido sul limitare del bosco per circa un’ora. Sono sessanta minuti a cielo aperto e a pieni polmoni per finire in bellezza con un tuffo nei paesaggi che costeggiano la provincia panormita e fra le opere di questo singolare artista!

Cosa porta un individuo a isolarsi? Certamente, il momento storico sta fomentando in ciascuno di noi la tendenza al ritiro sociale, l’isolamento, comportamenti di evitamento e di fuga dalle relazioni interpersonali. Potremmo, dunque, definirci tutti degli eremiti, anche se siamo forzati a esserlo. In altri termini, tendiamo a sottrarci dallo stare insieme agli altri per difenderci, a scopo preventivo. Il nocciolo della questione sta proprio nella tendenza a ergere delle difese che porta un eremita, in generale, a creare delle barriere fra sé e il mondo circostante, preferendo la solitudine all’assembramento, includendo nel pacchetto la tendenza alla restrizione alimentare, sessuale e relazionale. Tutto parte dalla costruzione della propria identità che inizia nell’infanzia. L’Identità personale è l’immagine che ognuno di noi ha di sé e dipende dall’ambiente sociale in cui si vive, dallo status che si è ottenuto e che il gruppo di appartenenza e provenienza si attende, dal ruolo che, sin da bambini, si è esercitato, dall’educazione ricevuta, dai pattern cognitivi, affettivi, relazionali e Modelli Operativi Interni acquisiti.

Secondo il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-V) il disturbo schizotipico di personalità prevede una costellazione sintomatica comprensiva di almeno cinque delle seguenti caratteristiche:

Difficoltà a instaurare rapporti stretti al di fuori di quelli familiari
Interpretazione errata degli eventi, connotati di un significato diretto verso la persona
Pensiero bizzarro, eccentrico o inusuale
Abbigliamento bizzarro, trasandato o con abbinamenti strani
Credenza nei poteri speciali, come le superstizioni
Percezioni insolite
Persistente ed eccessiva ansia sociale
Stile singolare del discorso, caratterizzato per esempio dall’uso di modi inusuali di parlare e durante le conversazioni presenza di pensieri sospetti o paranoidi e costanti dubbi sulla fedeltà degli altri
Emozioni piatte o risposte emotive limitate o inadeguate

Se intersechiamo queste caratteristiche alla figura che rappresentiamo, l’eremita, “abitante del deserto”, preferisce non instaurare o mantenere relazioni. La meditazione e la concentrazione gli permettono di affinare le sue capacità e di portare a termine lavori che richiedono, non soltanto speciali abilità e creatività, ma anche pazienza e meticolosità.

Un’altra caratteristica di tratto è il rapporto con le emozioni. La via che l’eremita sceglie è quella del distacco dalle emozioni e dai bisogni terreni. Mutuando le parole a Fromm, l’eremita non vuole vivere in una società dominata dal consumo e non vuole percepirsi come “una cosa in vendita”. Non vuole, quindi, essere schiavo del possesso e ritiene che per uscire da quella che vede come una malattia comune bisogna sganciarsi dalla società capitalista e accedere a una società fondata sull’essere e non sull’avere. La conseguenza è un progressivo restringimento della gamma affettiva. Colpisce l’apparente incapacità –che cela una volontà– di adeguarsi anche in minima parte alle norme sociali e alle convenzioni (Fiorenzo Dolci).

Questa tendenza al ritiro mi fa pensare anche a potenziali ancor più negativi. Le persone che rientrano nello spettro eremitico possono sfociare, infatti, in altri quadri personologici, oltre a quello descritto. In psicologia clinica e psicodiagnostica, infatti, non si parla di diagnosi ma di doppia diagnosi e diagnosi differenziale. La personalità di un eremita varia a seconda della comorbilità con altri disturbi di personalità. Se non provano alcuna emozione verso terzi, in generale, possono essere degli psicopatici, dimostrando mancanza di tatto, insensibilità, disempatia e disprezzo. Vuol dire che essere eremiti equivale a essere disturbati psichiatricamente? Comprenderete bene che negli eccessi esiste sempre una distonia. Un individuo che non vuole integrarsi nella società, che preferisce essere una monade distinta piuttosto che una pedina del sistema, sfociando nell’anarchia e nell’anacronismo, rivela un disturbo di personalità anche se suscita in ognuno di noi, materialisti sfegatati, non dico invidia ma un pizzico di ammirazione. Se non disturba nessuno e se, addirittura, rende migliore un nostro bene comune, nell’ottica del “vivi e lascia vivere”, credo possiamo dire tutti in coro: Ben venga!

Siamo tutti indispensabili per l’evoluzione comune e le migliori opere d’arte si devono a chi ha questa attitudine. Dopo il COVID, però, evacuiamo le abitazioni per motivi di emergenza: vivere e amarci l’un l’altro!!!

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