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Prospero Intorcetta, il siciliano che nel Seicento diffuse la filosofia cinese in Europa

mercoledì 24 Luglio 2019

Il 4 aprile del 1657 un’imbarcazione, la Bom Jesus, salpò dal porto di Belém, in Portogallo, per intraprendere la rotta verso l’Estremo Oriente. Tra i passeggeri del natante vi erano anche 17 gesuiti tra cui Prospero Intorcetta.

Quest’ultimo, nato a Piazza Armerina nel 1625, effettuò il noviziato tra Palermo e Messina, per poi dedicarsi all’insegnamento della logica e della fisica in diversi collegi gesuitici della Sicilia. Intorcetta fu scelto per la missione evangelizzatrice in Oriente per le sue grandi qualità didattiche, pedagogiche e intellettuali ma anche per la sua enorme attitudine a confrontarsi e a dialogare con gli altri. Infatti, i 17 missionari avevano il compito di diffondere il più possibile la Parola di Cristo nell’impero cinese, cercando allo stesso tempo di aprirsi alle tradizioni locali: l’unico modo per facilitare l’evangelizzazione di popolazioni dotate di una forte identità culturale con alle spalle riti e usanze millenarie.

La Bom Jesus arrivò a Canton nel dicembre del 1658. Già, nell’anno seguente Intorcetta incominciò a studiare la lingua cinese e accanto alla sua attività evangelica e pastorale, intraprese un progetto molto ambizioso: l’analisi e la traduzione dei testi del confucianesimo. Naturalmente, la presenza in gran numero dei missionari e l’attività che essi svolgevano non potevanon destare preoccupazioni e ostilità da parte del governo cinese ma anche da parte di una fetta della popolazione. Infatti, nel 1665 scoppiò un forte moto anticattolico, per cui coloro che avevano abbracciato la nuova fede vennero condannati a morte, mentre i gesuiti furono condannati all’esilio o incarcerati, sorte, quest’ultima, toccata anche a Intorcetta. Egli, comunque, dopo due anni riuscì ad evadere.

Poco dopo, il gesuita di Piazza Armerinaterminerà il primo tomo della sua opera più importante: il “Sinarumscientia politico- moralis”, testo dove viene comparata la morale di Confucio con gli insegnamenti del Vangelo e in cui viene analizzato il pensiero confuciano, tradotto in lingua latina, diventando in questo modo un veicolo importante per la diffusione della cultura cinese in Occidente.

Tornato in Europa nel 1671, Intorcetta si diresse a Roma e fu ricevuto dal papa, al quale presentò la “Compendiosa narratione dello stato della missione cinese dall’anno 1581 fino al 1669”. In seguito, lo ritroviamo a Palermo al collegio di Casa Professa, alla cui biblioteca donò il “Sinarum”, che verrà, qui, ristampato e diffuso in alcune importanti città europee: tra cui Roma, Londra, Vienna, Madrid, Parigi, Monaco di Baviera e Heidelberg. Il “Sinarum” riscontrò un grande successo editoriale, un elemento che sicuramente contribuì a indurre Intorcetta nell’effettuare un’altra missione in Oriente. Pertanto, nell’agosto del 1673 giunse a Macao per dirigersi poco dopo ad Hangzhou dove assunse la guida della Chiesa locale. Continuò ad occuparsi dell’analisi, dell’interpretazione e della traduzione delle opere confuciane e negli anni successivi scalerà sempre più le gerarchie ecclesiastiche: nel 1676 venne nominato visitatore per l’Oriente e tra i diversi incarichi che ottenne nel corso del tempo, quello più prestigioso gli venne conferito nel 1687, diventando vice- provinciale della Cina (cioè il secondo gesuita più importante e influente dell’intero impero cinese).

Nello stesso anno, a Parigi verrà pubblicato un suo contributo nella grande opera “Confucius SinarumPhilosophus”, grazie al quale si affermerà definitivamente come studioso di fama mondiale del confucianesimo e della cultura cinese. È bene ricordare che Intorcetta, oltre ad essere stato un profondo conoscitore della filosofia cinese e ad essere stato il primo europeo a tradurre molte opere confuciane in latino, s’impegnò molto anche nella traduzione in cinese di diverse opere letterarie e filosofiche occidentali e della regola gesuitica. Sul suo esempio, nei decenni successivi e per tutto il Settecento, saranno tantissimi i gesuiti inviati in missione evangelizzatrice in Cina. Sicuramente, fu di grande rilevanza il contributo di conoscenze e informazioni sull’Oriente che le opere di Intorcetta e di altri gesuiti missionari fornirono al Secolo dei Lumi,così tanto affascinato e attratto all’esotico e all’extra- europeo.

Nel 2006, il “Sinarium” custodito a Palermo (oggi esistono solo 8 esemplari in tutto il mondo custoditi nelle città europee precedentemente citate, compresa Palermo), dopo 335 anni, fece il viaggio inverso, venendo esposto in Cina, al National Museum di Pechino nell’ambito della mostra “Continente Sicilia, 5000 anni di storia”.

La vicenda di Prospero Intorcetta è una storia straordinaria e affascinate, poiché attraverso la sua opera di studioso e religioso contribuì a determinare l’avvicinamento tra due mondi tanto distanti e diversi, forse solo apparentemente. Sicuramente, egli, insieme a tanti altri missionari, si pose come ponte tra l’Oriente e l’Occidente, favorendo il dialogo e lo scambio culturale tra civiltà che poco conoscevano l’una dell’altra. Una storia che non può essere dimenticata in quanto ci ricorda quanto sono antiche le relazioni tra l’Italia e l’Oriente, quindi tra la Sicilia e la Cina: una delle tante storie siciliane di dimensione internazionale e mondiale.

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