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Quegli yatch che assediano la Riserve. Imprenditore condannato dopo aver “sbeffeggiato” la Guardia Costiera

mercoledì 22 Marzo 2017

Un e-mail di due turisti milanesi cristallizza le prepotenze estive di un imprenditore trapanese, condannato dalla Corte d’Appello di Palermo per oltraggio a pubblico ufficiale. L’episodio è datato agosto 2010, ma restituisce pratiche e metodologie attuali nelle zone balneari più gettonate della costa occidentale: imbarcazioni “parcheggiate” a pochi metri dalla riva, pronte ad avvicinarsi alla terraferma di tanto in tanto. Accade nelle Riserve dello Zingaro e di Capogallo, fino a Barcarello e San Vito lo Capo ma in questo caso lo scenario è la Tonnara della Torre di Cofano. Protagonisti l’imprenditore Bruno Prestigiacomo e tre ufficiali della Guardia Costiera. Il rituale sembra scimmiottare le motivazioni che hanno portato alla strage della Costa Concordia all’Isola del Giglio, in barba alle regole di navigazione.

A imprimere quel momento sono le relazioni degli ufficiali di bordo che durante dei controlli notavano alcune imbarcazioni, tra cui lo yatch “Marilyn” (di proprietà dello stesso Prestigiacomo), “ormeggiate in prossimità della costa, in zona vietata”. A circa 20 metri dalla riva “in una zona riservata alla balneazione“, c’era un gommone guidato da un amico dell’imprenditore che nonostante il niet della Guardia Costiera insisteva per recuperare dalla terraferma Prestigiacomo e il figlio, ottenendo l’ok dei militari “proprio per la presenza del bambino” a un recupero “in uno spazio vicino alla riva e non destinato alla balneazione”. Sul gommone però, oltre al bimbo ci finisce anche l’imprenditore che una volta giunto in prossimità dello yatch iniziava a insultare gli ufficiali.

“Sono le 17.15 e mio figlio stava male a terra – avrebbe detto – e voi non avete fatto niente. Siete la Cp 2202, ora ci penso io a voi, ci penso io. Non volevate che il natante si avvicinasse per prenderci. Avete pensato solo a fare i verbali. No, adesso il bambino non ve lo do. Io sono il padre e resta con me, se salgo a bordo vi faccio vedere io. Avete omesso di fare soccorso, poi vediamo. Non sapete fare il vostro lavoro”. I momenti erano concitati e dopo la consegna del verbale al fratello, l’imprenditore acciuffava il verbale annotando che il figlio si “era sentito male e la motovedetta non provvedeva immediatamente al soccorso”. Una situazione spigolosa osservata da tue turisti milanesi, alloggiati in una delle case vicine al mare, che dopo poche ore inviavano una e-mail alla Guardia Costiera ricostruendo l’accaduto.

“Gli operatori hanno subito un violentissimo attacco verbale – recita la mail – tra grida belluine e insulti volgari che tutti abbiamo potuto ben sentire dalla riva, da parte degli occupanti delle imbarcazioni che si sono addirittura permessi di millantare che un bambino si sarebbe sentito male. Ovviamente una farsa in quanto all’offerta di condurre il bambino (che non aveva nulla) in ospedale, il genitore si è rifiutato”. A confermarlo ci sono le testimonianze degli ufficiali, secondo i quali “il bambino non aveva nessuna malattia, era semplicemente nel panico perchè voleva la madre” e inoltre dopo l’allontanamento delle motovedette, le imbarcazioni “rimanevano in mare”. Una tesi avvalorata dalla prima sezione penale della Corte d’Appello presieduta da Gianfranco Garofalo, che ha confermato la condanna per oltraggio a pubblico ufficiale a 20 giorni (pena sospesa) e una multa di 1.800 euro. Quando lo “sbeffeggiamento” finisce male.

 

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