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Russo: “Riaprire il casinò di Taormina per combattere la crisi”

giovedì 21 Maggio 2020

“E’ arrivato il momento di fare riaprire il casinò di Taormina o moriremo tutti di fame”. Il monito lo ha lanciato il presidente dell’Unione dei Comuni di Naxos-Taormina, nonché sindaco di Castelmola, Orlando Russo, all’incontro di ieri a Palermo tra i vertici regionali dell’Anci (di cui Russo è componente del direttivo) con il Governo Musumeci.

“O si trovano soluzioni concrete e incisive per combattere la crisi oppure ne verremo travolti tutti. Del casinò si parla da tantissimi anni, lo sappiamo, e conosciamo anche l’ostracismo che c’è stato nel tempo su questa vicenda, ma la mia non è una semplice provocazione. Va fatta una battaglia perché il casinò non sarà la panacea di tutti i male, è anche vero che i vari casinò si sono indebitati o sono falliti, ma può dare un impulso all’economia di un territorio oggi paralizzato da una crisi senza precedenti. La Regione deve fare la sua parte, l’Anci e i siciliani faranno la loro, a Roma devono ascoltarci, non è detta l’ultima parola. Bisogna crederci e lottare”.

Russo riporta così in primo piano l’eterna querelle sul casinò di Taormina, una storia che va avanti senza una svolta dai lontanissimi Anni Sessanta, quando Taormina per un breve periodo ebbe una casa da gioco, nell’allora sede di Villa Mon Repos. Il finale di quella storia lo conosciamo tutti, con la chiusura del casinò, una fugace riapertura e poi il definito stop confermato nelle aule dei tribunali.

In piena emergenza Coronavirus, il presidente dell’Unione dei Comuni rilancia la questione, più volte arrivata in Parlamento e anche lì altrettante volte rimandata al mittente o volutamente “congelata” senza mai dare una chance effettiva o una speranza fondata di poter davvero ripristinare il casinò di Taormina.

In tanti sono convinti e rassegnati alla prospettiva che il casinò scippato alla Città di Taormina negli Anni Sessanta sia morto e che non tornerà più. D’altronde, i fatti sono lì a confermare lo schiaffo senza appello inflitto ai siciliani, con una casa da gioco chiusa con solerzia a fronte di altri quattro (tutti al nord-est) che si sono sgomberati il campo dalla concorrenza siciliana e sono sempre rimasti aperti in un Paese dove, evidentemente, la legge non è uguale per tutti.

Si è detto e scritto che Taormina non aveva una licenza in regola e almeno qui indubbiamente va riconosciuto che sono state commesse leggerezze ed errori anche di presunzione che hanno vanificato a priori l’opportunità di salvare quel casinò e regolarizzarne l’operato.

il casinò di Taormina

Ma la verità “canaglia” è che da 50 anni a questa parte, per continuare ad avvantaggiare il quadrilatero dei casinò già esistenti nel Nord Italia, è stato fatto passare il messaggio subdolo che a Taormina non si possa riaprire un casinò perché in Sicilia c’è il pericolo della mafia che se ne approprierebbe. 

Qui, insomma, siamo brutti, fessi e cattivi, nel resto d’Italia invece i casinò sarebbero frequentati soltanto da gente alta, bella, con gli occhi azzurri, e per questa teoria il Nord  sarebbe immacolato e immune da ogni pericolo di infiltrazioni criminali nel tessuto istituzionale, politico, economico e sociale. I fatti sono più ostinati dei teoremi e delle favole, e hanno impietosamente dimostrato ben altro, soprattutto negli anni più recenti quando il crimine ha fatto grandi affari nelle zone settentrionali del Paese e tante indagini hanno messo nel mirino i territori del centro-nord.

“Bisogna smetterla di nascondersi nelle solite frasi che servono a qualcuno soltanto per andare contro la Sicilia e i siciliani – ha detto Orlando Russo –. La verità è che la mafia noi l’abbiamo subita, non l’abbiamo esportata”.

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