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Scoperta a Catania: biopsia liquida, identifica i tumori tramite indagini del sangue

sabato 17 Ottobre 2020
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Una recente ricerca condotta dall’Università di Catania e Parma, insieme all’istituto nazionale tumori “Regina Elena” di Roma ha portato alla scoperta di una nuova tecnica in campo medico, la quale permetterebbe tramite la biopsia liquida e utilizzando il sangue e la luce e con l’ausilio di opportune nanotecnologie di diagnosticare la presenza di un tumore, permettendo così di assegnare terapie mirate ai pazienti.

LA BIOPSIA LIQUIDA

La biopsia liquida risulta essere uno strumento d’indagine capace di apportare diversi vantaggi sia alla ricerca che al paziente. Evita principalmente procedure chirurgiche invasive come la prelevazione di frammenti di tessuto tumorale e inoltre tramite l’analisi del sangue e tutte le informazioni che esso porta con sé come le tracce molecolari del tumore, riesce a monitorare la malattia seguendo il paziente nel continuo adeguamento del dosaggio farmacologico.

Le tecnologie in campo fino ad oggi per l’analisi molecolare di biopsie liquide si basano sull’applicazione di protocolli di trattamento dei campioni che necessitano di alcuni millilitri di sangue del paziente e lunghi tempi. Il nuovo metodo, invece, è in grado di identificare Dna associato alle cellule del tumore utilizzando un volume di plasma ottenuto da 0,004 millilitri di sangue del soggetto analizzato, l’equivalente di una goccia di sangue.

LA RICERCA

“Direct plasmonic detection of circulating Ras mutated DNA in colorectal cancer patients”, è questo il titolo della ricerca pubblicata dalla rivista Biosensor and Bioelectronics della Elsevier, la rivista scientifica internazionale più autorevole nel settore della chimica analitica e delle biotecnologie.

L’articolo nasce dalla stretta collaborazione tra i gruppi di ricerca coordinati da Giuseppe Spoto del Dipartimento di Chimica dell’università di Catania, da Patrizio Giacomini dell’unità di Oncogenomica ed Epigenetica dell’istituto Tumori di Roma ed il gruppo di Roberto Corradini del Dipartimento di Scienze Chimiche dell’università di Parma.

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