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Tonfo dell’Università di Palermo: agli ultimi posti nella classifica del Censis

martedì 9 Luglio 2019
fabrizio micari

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L’Università di Palermo fanalino di coda nella classifica degli atenei italiani, stilata dal Censis. Secondo il report, UNIPA si trova al 13° posto tra i “grandi” atenei (da 20 mila a 40 mila iscritti) su 15 posizioni.

Si tratta di un’articolata analisi attraverso la valutazione di più parametri: servizi erogati, borse di studio e altri interventi in favore degli studenti, strutture disponibili, comunicazione e servizi digitali, livello di internazionalizzazione. Le novità introdotte quest’anno sono: l’occupabilità dei laureati delle università statali, il grado di soddisfazione per i servizi (aule, biblioteche, postazioni informatiche) di chi ha già frequentato l’ateneo, una mappatura di quelli che dispongono della “carriera alias”, ovvero uno strumento Lgbt-friendly per agevolare le persone in transizione di genere (a oggi hanno aderito 42 atenei statali su 58). A questa classifica si aggiunge il ranking dei raggruppamenti di classi di laurea triennali, dei corsi a ciclo unico e delle lauree magistrali biennali secondo la progressione di carriera degli studenti e i rapporti internazionali.

unipa, censis 2019L’Università di Perugia è ancora in vetta alla classifica, con un punteggio complessivo pari a 91,2. Palermo invece si ferma a 79,3, seguita solo da “Rome Tre” (14°), “Campania Vanvitelli” e “Chieti e Pescara” (15° a pari merito) .

Duro l’affondo della CISL: “Il CENSIS, per il secondo anno consecutivo, non la pensa allo stesso modo, alla luce dei punteggi che vengono attribuiti alla Nostra Università che, si presume, dovrebbero essere fondati su criteri e dati oggettivi. Infatti, passiamo dal 7° al 13° posto con un punteggio che scende da 83,8 a 79,3. Scorrendo i punteggi delle aree interessate, salta immediatamente all’occhio come UNIPA sia in sofferenza in tutti i parametri considerati e, se per le Borse di Studio ( il punteggio da 78 si passa a 67) l’Università non ha nessuna responsabilità, ma strettamente collegate alle Norme Regionali, così afferma il Rettore, allora non comprendiamo il punteggio dell’Università di Messina, 99″.

Polemico anche il sindacato Snals Confsal: «Università di Palermo – indietro tutta! (ancora una volta, ancora di più) […] Di fronte al quadro delineato dal Censis nell’articolo, meraviglia dunque non poco l’atteggiamento del Rettore che non perde occasione per esaltare il percorso di crescita e sviluppo che starebbe attraversando l’Università di Palermo durante il suo mandato. […] È evidente che la realtà sia ben diversa da quella che, a parole, è prospettata dal Rettore. Non solo non si è verificata una crescita del numero degli studenti tale da garantire il rientro nel rango, posseduto in passato, dei “Mega Atenei”, ma altresì non si assiste al promesso miglioramento dei servizi. […] D’altra parte, non può che meravigliare il calo verticale del punteggio relativo alla comunicazione e ai servizi digitali, passato da 109 nel 2017, a 103 nel 2018 e, infine, come detto, addirittura a 92 nel 2019. Eppure, il Rettore, ha puntato fortemente su questo settore, come dimostra l’assegnazione, in posizione di comando, di due esperte di comunicazione che provenivano dall’Università di Torino e che negli ultimi mesi sono diventate personale di ruolo a tempo indeterminato dell’Università di Palermo. La classifica Censis, che non ci fa certo gioire, fotografa purtroppo la deriva a cui l’attuale governance sta inesorabilmente trascinando l’Ateneo a causa delle sue scelte gestionali e politiche. Come si potrebbe sperare, infatti, che l’Università di Palermo possa ambire a risultati di eccellenza nell’ambito della didattica e della ricerca se la stessa governance, al di là delle manierate dichiarazioni di facciata, dimostra, nei fatti, di non darvi il giusto riconoscimento (anche in termini di autonomia e di attribuzione di risorse) a tal punto da sopprimere inopinatamente le Aree ad esse preposte? Di fronte a questo scenario di inesorabile declino, che dovrebbe far levare il grido a chi ha a cuore le sorti dell’Ateneo, la comunità accademica (salvo qualche sporadica eccezione) tace, accogliendo inerte le parole del Rettore che non perde occasione per ribadire (forse per auto convincersi) che tutto va bene».

LA NOTA DELL’ASSESSORE LAGALLA:

Lagalla«Credo che – scrive l’ex rettore, oggi assessore regionale all’Istruzione – di fronte all’ostinata evidenza dei numeri e dei risultati, non serva alimentare polemiche o tentare giustificazioni non richieste. Sta di fatto che il Mezzogiorno è, ormai da anni, punto di fuga del capitale umano e che, nonostante la volenterosa e qualificata attività del nostro sistema universitario regionale, i dati che riguardano gli Atenei siciliani, in particolare Palermo,  appaiono penalizzanti rispetto all’impegno generosamente profuso dalle nostre comunità accademiche. Resta, comunque, prioritario continuare a lavorare sull’innovazione e sulla internazionalizzazione dei nostri Atenei, garantendo il diritto allo studio ed incrementando le possibili prospettive occupazionali. Da parte sua, il governo della  Regione Siciliana è impegnato in questa direzione, sostenendo il sistema universitario regionale e collaborando operosamente con esso».

LA REPLICA DELL’UNIVERSITÀ:

«Con riferimento alle note richiamate in oggetto, non può non rilevarsi la puntualità con la quale codeste OO.SS. non perdono occasione, ancora una volta, per riportare i risultati della rilevazione annuale effettuata dal CENSIS, sottolineando esclusivamente il decremento di alcuni indicatori relativi al nostro Ateneo. E ancora una volta perpetrando una sterile e inutile polemica e dimostrando uno scarso attaccamento all’Istituzione, attraverso una propaganda negativa tesa a dividere i componenti della Comunità Accademica e allontanare gli studenti attuali e potenziali.

Nel merito occorre invece informare la Comunità Accademica che la declamata emorragia di iscritti è sconfessata dall’Anagrafe Nazionale degli Studenti Universitari – al quale la Classifica CENSIS fa riferimento.

fabrizio micariOccorre inoltre ribadire che alcuni dei dati utilizzati dal CENSIS per la formulazione della classifica di che trattasi si riferiscono a risorse e scelte che esulano dalle attribuzioni universitarie. Ci si riferisce, segnatamente, alle voci dei Servizi e, ancor di più, delle Borse che, com’è noto, sono di prevalente competenza dell’Amministrazione Regionale.

A tal proposito giova, ancora una volta, ricordare che i servizi in termini di pasti erogati e contributi per alloggi, così come le borse di studio per gli studenti bisognosi e meritevoli, costituiscono, o DOVREBBERO costituire, obiettivi prioritari dell’azione della Regione Siciliana nell’ambito del Diritto allo Studio. Ci si augura, in tal senso, che la recente approvazione della legge regionale sul Diritto allo Studio possa produrre effetti positivi e soprattutto CONCRETI.

Per contro si segnala una costante crescita nell’ambito delle Strutture destinate agli studenti nonché dell’Internazionalizzazione, entrambe aree di azione dell’Amministrazione universitaria su cui tanti sforzi sono stati profusi con evidente successo.

Circa il dato relativo alla Comunicazione e ai servizi digitali, sarà cura di questa Amministrazione chiedere opportuni chiarimenti al CENSIS, considerata l’impossibilità di riscontrare direttamente il dato che ha originato questa brusca variazione e, allo stesso tempo, adottare opportune misure ed azioni tese a migliorare l’efficienza dei servizi sopra indicati.

Inoltre, appare del tutto strumentale l’ennesimo pretestuoso riferimento alle aree della didattica e della ricerca che nulla ha a che vedere con i risultati dell’indagine condotta dal CENSIS per la stesura della classifica di che trattasi.

Infine, nel prendere atto dell’inutilità degli sforzi profusi nel tentativo di moderare i toni polemici, confermando tuttavia l’auspicio che gli stessi lascino il posto a critiche costruttive nell’interesse generale, si conferma che la volontà di questa Amministrazione è totalmente contraria allo slogan “Indietro tutta” per evitare di ritornare ad una fase negativa che, essa sì, ha portato al drastico calo degli iscritti e degli immatricolati».

 

 

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