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Traffico di droga tra Calabria e Messina: sette arresti

martedì 2 Marzo 2021

Sette persone sono state arrestate nella piana di Gioia Tauro per detenzione e spaccio di droga. I carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare del gip di Palmi su richiesta del procuratore ff Giorgio Panucci.

In carcere sono finiti Pietro Gerace, di 39 anni, Giuseppe Ranieri (59) entrambi di Varapodio, Francesco Mangano (31) di Oppido Mamertina e Giovanni Maiorana, (48) di Messina; ai domiciliari Rosaria Ranieri, Pietro Mazza e Antonio Spizzica. Tutti, per gli inquirenti, facevano parte di un gruppo dedito alla compravendita di hashish, marijuana e cocaina. L’inchiesta si è sviluppata tra gennaio e luglio 2019 e, grazie alle intercettazioni telefoniche e ambientali, è riuscita a dimostrare l’esistenza di un sodalizio che si occupava della gestione dello spaccio nella “piazza” di Varapodio.

Lì il principale indagato, Giuseppe Ranieri, si avvaleva della collaborazione di Pietro Gerace mentre, per i traffici verso il messinese, i carabinieri hanno scoperto l’intermediazione della figlia di Ranieri, Rosaria, del genero Francesco Mangano e di Antonio Spizzica. Messina era infatti un’altra importante “piazza” di spaccio per il gruppo. Nella città siciliana, infatti, secondo l’accusa, Giovanni Mariorana e suo genero Pietro Mazza avrebbero acquistato da Ranieri diversi chili di marijuana e hashish che poi venivano venduti nella provincia siciliana. La droga veniva nascosta nelle intercapedini della carrozzeria o nelle plastiche di allestimento interno delle vetture usate per attraversare lo Stretto. Al fine di eludere eventuali controlli, gli indagati hanno adoperato particolari modalità organizzative per la vendita e il trasporto.

In particolare utilizzavano un linguaggio criptico e, nel corso delle conversazioni intercettate, per fare riferimento alle quantità e ai prezzi usavano parole come “i minuti” o “animali”. Massiccio, infine, è stato l’uso di servizi di messaggistica on-line per evitare chiamate tradizionali. Alcuni indagati sono legati tra di loro da legami di parentela a conferma dell’esistenza di una struttura fondata su forti ed impermeabili vincoli di sangue e di una gestione delle singole attività illecite a vocazione principalmente familiare.

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