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Un omicidio, pestaggi e rapine: sgominata a Caltanissetta banda di pachistani che imponeva il caporalato | VIDEO

mercoledì 2 Dicembre 2020

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Un’associazione per delinquere, formata da pachistani che imponevano la propria egemonia su propri connazionali a Caltanissetta e provincia, anche col sistema del caporalato, è stata sgominata da carabinieri e polizia. Militari dell’Arma della locale compagnia e agenti della squadra mobile nissena hanno arrestato 11 persone, una posta ai domiciliari, in esecuzione di un’ordinanza restrittiva emessa dal Gip di Caltanissetta su richiesta della locale Procura. Una dodicesima persona è attualmente irreperibile.

Gli arrestati sono indagati, a vario titolo, per associazione per delinquere finalizzata al caporalato, estorsioni, sequestro di persona, rapine, lesioni aggravate, minacce, violazione di domicilio, violenza o minaccia per costringere a commettere un reato. Secondo l’accusa il gruppo, formato da pachistaini da tempo residenti nel centro della città, “agendo con metodo paramafioso, ha assoggettato la comunita’ di appartenenza sottoponendola ad un regime di vessazione e terrore e sfruttandola professionalmente al fine di assicurare all’associazione continuita’ nel tempo”. Durante le perquisizioni eseguite la notte scorsa nell’ambito del blitz denominato “Attila” sono stati trovati in casa di uno degli arrestati due libri mastri, tuttora al vaglio della Procura, nei quali erano descritti i nomi dei lavoratori sfruttati ed il compenso che si aggirava sui 25-30 euro al giorno.

Un omicidio ma anche episodi di efferata violenza, come la rapina, preceduta da un’aggressione, a una donna nigeriana che teneva in braccio il figlio di un anno. Sono alcuni dei reati contestati ai 12 pakistani componenti dell’organizzazione sgominata questa notte da un’operazione congiunta dei carabinieri e della polizia.  Vittima dell’omicidio, avvenuto il 3 giugno, Adnan Siddique, ‘colpevole’ di essersi ribellato ai suoi caporali e di averli denunciati. Per il delitto vennero arrestati sei soggetti arrestati oggi: Muhammad Shoaib, Muhammad Awan, Shujaat Ali, Bilal Ahmed, Ali Imran, Muhammed Mehdi e Muhammad Nawaz.  Già prima dell’omicidio, la banda aveva commesso numerosi episodi di violenza con un’escalation, sottolineano gli investigatori, “impressionante”. Un cittadino nigeriano era stato aggredito e malmenato a colpi di bastone e spranghe di ferro per aver chiesto il corrispettivo dell’attività di bracciante agricolo svolto per loro conto; una donna nigeriana era stata aggredita mentre stringeva tra le braccia il figlio di appena un anno e rapinata di duecento euro. In un’altra occasione l’organizzazione aveva estorto a un pakistano la somma di 300 euro profitto di un’intermediazione illecita finalizzata al caporalato. Il giorno dopo, l’uomo è stato preso per le caviglie e le spalle, caricato su un’auto e portato nella casa di uno dei membri dell’organizzazione dove per circa tre ore è stato minacciato e costretto a chiamare il padre in Pakistan per farsi mandare 5.000 euro per ottenere la sua liberazione. Fra i reati commessi, anche l’irruzione, il 10 dicembre 2019, in una nella comunità ‘I Girasoli Onlus’ di Milena dove due minori ospiti della struttura sono stati picchiati per aver avuto una discussione con un altro minorenne che aveva invocato l’intervento dell’organizzazione.

I NOMI DEGLI INDAGATI

Questi i dieci indagati dalla procura di Caltanissetta nell’ambito dell’inchiesta ‘Attila’ sul caporalato e destinatari di una ordinanza di custodia cautelare in carcere: Muhammad Shoaib, 27 anni, gia’ detenuto, considerato dagli inquirenti il capo della banda di pakistani che imperversava a Caltanissetta; Muhammad Sharjeel Awan, 20 anni; Shujaat Ali, 32 anni, gia’ detenuto; Muhammad Mehdi, 48 anni, gia’ detenuto; Nawaz Muhammad, 32 anni, gia’ detenuto; Ali Imran, 28 anni, gia’ detenuto; Bilal Ahmed, 23 anni; Mohsin Ali, 32 anni; Shedaz Khuram, 33 anni; Arshad Muhammad, 37 anni, gia’ detenuto. Ai domiciliari Giada Giarratana, 21enne di Canicatti’, in provincia di Agrigento. Un dodicesimo indagato, per il quale e’ stato disposto il carcere, e’ al momento irreperibile.

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