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Verbali falsi, testimone racconta il raggiro dei vigili urbani. Inchiesta scuote via Dogali

giovedì 2 Marzo 2017

Quattro vigili urbani di Palermo sono a processo, accusati di falso e abuso d’ufficio. Avrebbero creato un “sistema” per raggirare ragazzini con dei verbali falsi.

vigili urbani“Fui fermato mentre andavo in moto a Mondello. I vigili si accorsero che la mia assicurazione era scaduta, però mi dissero che non mi avrebbero sequestrato la moto se andavo subito a pagare un bollettino postale di 39 euro. Nel frattempo, trattennero sia la moto che la mia fidanzata”. Lo ha raccontato una delle presunte vittime del commissario dei vigili urbani Francesco D’Antoni e dei colleghi Manuela Bannò, Rosalia D’Alessandro e Laura Petrolà che sono a processo davanti alla terza sezione del Tribunale di Palermo.

Ad architettare il sistema, secondo l’accusa, sarebbe stato il commissario Francesco D’Antoni, che avrebbe fatto pagare ai ragazzi fermati le multe in realtà prese da altre persone. Le due vittime che hanno deposto oggi hanno inoltre riferito che gli è stato recapitato, qualche mese dopo l’episodio in moto, un altro verbale riferito però ad auto da loro non possedute. A quel punto è scattata la denuncia.

 

Sono cinque gli episodi, da agosto a novembre 2011, contestati dalla procura ai quattro vigili urbani. Ad essere presi di mira soprattutto i ragazzini che viaggiavano in scooter senza casco.

Secondo il pm Luca Battinieri, pur di non farsi sequestrare il mezzo, preferivano fare come diceva il commissario. Per l’accusa, il sistema era collaudato: se il giovane controllato dagli agenti totalizzava una serie di infrazioni che prevedevano multe salate o addirittura il sequestro del mezzo, gli veniva proposto di pagare “solo 39 euro”, ma quella multa era stata presa da qualcun altro. Nell’udienza preliminare, una delle indagate, Manuela Bannò ha accusato il commissario. “Mi sono accorta di quello che D’Antoni faceva solo dopo un certo periodo. Quando ho capito, mi sono fatta trasferire”, ha spiegato Bannò, difesa dall’avvocato Tommy De Lisi.

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