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Voglia di tornare a vivere

lunedì 14 Giugno 2021

Giusto ieri, spinto dalla voglia di superare l’ennesima conoscenza errata con relativa delusione per aver investito sentimenti e speranze, qualcosa – credo la disperazione – mi ha spinto a chiedere ai miei amici di passare del tempo insieme, per superare le amarezze, per andare oltre il dolore dei sentimenti in frantumi, nonostante, a dire il vero, dovrei esserci abituato, ma si sa che noi, inguaribili romantici, non ci abituiamo mai alla sofferenza dei sentimenti!

Ad ogni modo, nella cornice di un meraviglioso pomeriggio azzurro e sereno, in sella ai nostri monopattini abbiamo fatto un giro in centro: la gente sembra felice, sembra aver voglia di uscire dal torpore, dalla paura del contagio, pur non dimenticando – si spera – di non abbassare la guardia su un nemico silente che ancora c’è, ma che, con le “buone maniere sanitarie” e con i vaccini, a poco a poco, possiamo sconfiggere, forse, si spera, per sempre!

Guardo le vetrine, i negozi: la ciclabile di Corso Vittorio Emanuele è una tavola, è tutto libero, e mentre il monopattino cammina da se, neanche troppo velocemente, riesco a godermi il paesaggio, i palazzi, il sole dietro le fronde degli alberi, e osservo la gente sorridere, camminare lenta, godersi il momento, quasi avesse voglia di tornare davvero a sperare, di tornare veramente a sorridere, di nascere di nuovo come la natura in primavera, alla ricerca, però, della nostra personale “stagione di rinascita”, di paure accantonate, di un ritorno alla serenità, alla consuetudine (voglio sperare, quantomeno, in un miglioramento personale di tutti noi, reduci da questi anni di sofferenza, ma, forse, chiedo davvero troppo se spero nella crescita personale degli individui! N.D.Giomba)

Risaliamo lungo la Via Maqueda, osservo la bellezza dei Quattro Canti, e mi accorgo che, in un battibaleno, si sono fatte le venti, e m’incammino verso la strada del ritorno, osservando la luce gialla del tramonto, e mi sembra quasi di poter tornare a sperare, di poter tornare a pensare al nostro futuro, ai nostri progetti, alla nostra vita, anche se qualcosa, in me, mantiene la tristezza dell’incertezza verso il domani, della paura di quel che sarà, di ciò che saremo… Ma voglio crederci, e mi va di sperare in un cambiamento!

A sera, con i miei amici, ci ritroviamo per cenare insieme: non lo facevamo dallo scorso 15 settembre, e ci sembra tutto così strano, così dannatamente alienante: personalmente, mi rendo conto di non essere più abituato a sedermi ad un tavolo, con mascherina sempre indossata e tolta solamente durante i pasti, lo stretto necessario, non prima che un addetto abbia accuratamente sterilizzato tavoli e sedie. È come se non ricordassi più cosa significa socializzare, cosa significa sorridere seduti ad un tavolo all’aperto, alle ventuno, in una sera di tarda primavera: è quasi come se stessi vivendo una sorta di irrealtà, a cui devo, evidentemente, tornare ad abituarmi.

Le persone intorno a me, però, sembrano abbastanza serene, sorridono, si tengono la mano, si baciano, parlano, guardano il maxischermo poco distante, giocano con i cellulari, esattamente come se niente fosse accaduto in questi lungi mesi, come se le avessi lasciate lì un anno fa e le stessi, per magia, ritrovando adesso!

È una sera, però, in cui mi va di sperare, in cui mi va di credere che le cose cambieranno, che torneremo a parlare del nostro futuro, e che, forse, anche il cuore potrà trovare la sua vera dimora.

Anzi, ora che ci penso: per un incredibile scherzo del destino, una delle ragazze che era seduto al tavolo accanto al nostro era una vecchia compagnia d’asilo dell’amico seduto accanto a me, e, guarda caso, si ricordava esattamente come si chiamasse. Non era certo il caso di alzarmi, andare li e sorprenderla dimostrando di conoscere le sue generalità, ma quasi quasi le chiedo l’amicizia su Facebook. Chissà che il domani non cominci da qui!

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