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Addio a Valentino Parlato. Ecco chi era quel giornalista siciliano ribelle, con la sua inseparabile Olivetti 98

martedì 2 Maggio 2017

Addio a Valentino Parlato, il siciliano ribelle nato per sbaglio a Tripoli, Libia, il 7 febbraio 1931. Giornalista e scrittore è uno dei padri fondatori del quotidiano “Il Manifesto”. Le radici di Parlato affondano nel cuore della Sicilia. Famiglia siciliana, di Favara, nell’Agrigentino. Il padre funzionario del fisco fu mandato in Libia a tener di conto. Iscritto al Partito comunista libico, nel 1951 fu espulso dal Protettorato britannico: «Ero studente in Legge – ricorda parlato in un’intervista a Giorgio Dell’Arti, del Corriere della Sera – e se fossi sfuggito a questa prima ondata sarei diventato un avvocato tripolino e quando Gheddafi m’avrebbe cacciato, nel 1979, insieme a tutti gli altri, mi sarei ritrovato in Italia, a quasi cinquant’anni, senz’arte né parte. Sarei finito a fare l’avvocaticchio per una compagnia d’assicurazione ad Agrigento, a Catania. Un incubo. L’ho veramente scampata bella». La Sicilia, in fondo, gli era rimasta sempre nel cuore, un amore dimenticato e messo un po’ in disparte per la sua natura da comunista duro e puro. E’ lo stesso Dell’Arti a tracciare un preciso ritratto biografico di Parlato: universitario a Roma nei primi anni cinquanta, conosce Luciana Castellina e si iscriveal Pci. Comincia la sua carriera di “funzionario povero” nel più ricco apparato comunista d’Occidente. Lo fa seguendo la destra migliorista di Giorgio Amendola: è “un amendoliano di sinistra” passato alla Realpolitik. Alle elezioni del 1953 accetta di lavorare per la federazione di Agrigento. Poi, quando gli propongono di restare come funzionario e in prospettiva come futuro candidato al Parlamento, tentenna. Giancarlo Pajetta lo fa debuttare al periodico Rinascita come redattore economico.Inizia il lungo viaggio con a fianco la sua inseparabile “Olivetti 98” e i pacchetti di sigarette fumati a ripetizione. Nel 1969 viene radiato dal Pci con gli altri fondatori del Manifesto: da questo momento la sua biografia coincide con quella del giornale. Partecipò alla realizzazione del primo numero (23 giugno 1969, edizioni Dedalo, 75 mila copie di tiratura) con Luigi Pintor, Aldo Natoli, Luciana Castellina e Ninetta Zandegiacomi. I direttori erano Lucio Magri e Rossana Rossanda. Il 28 aprile 1971 il Manifesto divenne quotidiano, Parlato ne fu direttore molte volte: dal 19 settembre 1975 al 30 novembre 1985 (in due periodi la sua direzione fu affiancata da altri direttori, secondo una concezione di “direzione condivisa” tipica del Manifesto: dal 18 febbraio al 3 luglio 1976 con Pintor, Ferraris, Vittorio Foa, Castellina e la Rossanda; il 3 luglio gli restarono vicine solo le ultime due, però solo fino all’1 marzo 1978), dall’1 gennaio 1988 al 30 luglio 1990, dall’1 ottobre 1995 al 30 marzo 1998.

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