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Ex province: stop al prelievo forzoso dello Stato, lo chiedono i centristi di Ap che hanno presentato un disegno di legge

giovedì 18 Maggio 2017
Ex province in default, liberi consorzi di comuni con bilanci in rosso costretti a bloccare la loro attività per mancanza di risorse.
E’ quanto succede in Sicilia: quelli che un tempo erano economicamente gli enti più floridi anche per via dell’ampia rosa di competenze che hanno in carico in qualità di intermedi tra i comuni e la Regione, oggi sono praticamente ridotti in ginocchio. Una delle cause che più pesa nei conti delle ex province è il prelievo forzoso dello Stato stabilito nel 2012 che ha imposto la riduzione della spesa, trattenendo per sé ingenti somme di denaro che ora rischiano di far implodere tutto il sistema.
Cosi, l’ex provincia di Siracusa i cui dipendenti non ricevono lo stipendio da 5 mesi, e quella di Messina, che si trova in gravissime difficoltà finanziare.
Un disegno di legge voto in un solo articolo, che prevede la sospensione del prelievo forzoso nel biennio 2017-2019 dello Stato alle province siciliane lo ha presentato oggi all’Ars il gruppo di Alternativa popolare. Il documento chiede la sospensione dell’applicazione della legge 190 e autorizza il Ministero dell’Economia ad emanare un decreto attraverso il quale richiedere il rimborso delle somme già incassate con il prelievo forzoso già attuato nei confronti dei liberi consorzi di comuni e Città metropolitane. Il ddl-voto è stato presentato nel corso di una conferenza stampa all’Ars dal capogruppo di Ap Nino D’Asero e dai deputati Nino Germanà, Vincenzo Fontana e Vincenzo Vinciullo.
“Il Trentino Alto Adige ha già approvato un disegno di legge in tal senso ed è appoggiato ora anche dai deputati nazionali – afferma D’Asero – noi chiediamo lo stesso, di approvare all’Ars questo ddl e alla deputazione nazionale di sostenerlo affinche passi anche in parlamento, non vogliamo sia una nostra legge ma di tutti i siciliani”.
Gli esponenti di Ap contestano il fatto che la Sicilia affronti costi superiori alle altre province italiane perché non può ammortizzare i costi del personale, come avviene altrove, facendoli transitare in altre amministrazioni, viste le piante organiche ormai sature. “E’ questa una difficoltà non di poco conto che rischia per via dell’obbligo di sostenere queste spese elevatissime di mandare in tilt le province – dice D’Asaro. Occorre mettere un freno ad una situazione che fa andare in default le ex province”.
“Abbiamo chiesto anche la restituzione di quanto il governo centrale ha tolto alle province siciliane, con una vera e propria azione predatoria, un prelievo mai concordato nel in conferenza delle Regioni né in altre sedi. Se non si sospende subito questo rastrellamento di risorse da parte dello Stato, gli enti di area vasta non avranno la possibilità di pagare gli stipendi, né di gestire l’ordinaria amministrazione”.
Alla domanda se non sia più opportuno fare ricorso alla Corte Costituzionale, Vincullo risponde: “Sì, esistono gli estremi, ma la Corte si era già pronunciata con una sentenza del 2016 contro la Regione Veneto affermando che in materia finanziaria lo Stato non è tenuto a rispettare l’autonomia delle regioni. Afferma però un principio, che quanto riscosso per sanare la finanza pubblica debba essere poi restituito. E’ su questo principio che andremo avanti”.
Sono 196 milioni e 506 mila euro la cifra che ha prelevato nel 2016 lo Stato italiano alle ex province siciliane. In particolare Catania e Palermo che hanno visto sottrarsi risorse rispettivamente per  52 milioni 267 mila euro e 47 milioni 136 mila euro. Segue Siracusa con 19 milioni 413 mila e Messina, 18 milioni 379 mila. Negli ultimi 5 anni il prelievo forzoso è stato di un miliardo di euro circa.
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