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Il fenomeno delle “spose bambine” a Palermo: la vergogna di cui nessuno parla

martedì 12 Settembre 2017

* Un triste fenomeno sta scuotendo in queste ore il capoluogo siciliano. Sarebbero decine le bambine nate e cresciute a Palermo, originarie di varie zone dell’Asia, che ad un tratto scompaiono nel nulla. Sparizioni in piena regola, ma di cui però sarebbero bene informati i familiari.

In pratica di loro non si sa più niente, ma in realtà vengono rispedite nei Paesi da cui provengono le famiglie, perché date in sposa dai genitori a lontani parenti. Una pratica che tarda a morire anche nel nostro Paese, dove casi analoghi accadrebbero in diverse città italiane e che avrebbero quali protagoniste bambine e adolescenti originarie soprattutto del Bangladesh, dell’India, dello Sri Lanka e del Pakistan.  Una vergogna in piena regola, ma che pare scorra come l’olio sopra l’indifferenza di tutti, senza che nessuno faccia niente.

Per l’Unicef, il fenomeno delle cosiddette “spose bambine”, oltre che in Asia avverrebbe anche in diversi Paesi africani, fra cui il Niger, il Chad e la Repubblica Centroafricana. L’età media di queste piccole vittime varierebbe dagli undici ai sedici, diciassette anni al massimo, mentre i mariti sarebbero molto più grandi. Il fenomeno è attestato dal fatto che diverse fra queste spariscono improvvisamente da scuola, ma nella maggior parte dei casi i genitori non informerebbero nemmeno le direzioni didattiche.

Questa pratica avverrebbe da tempo, ma a Palermo se ne parla con insistenza solo da qualche giorno a causa del caso che ha visto protagonista una bambina dodicenne di etnia rom. La piccola sarebbe stata promessa in sposa a un parente che vive in Francia, ma si sarebbe ribellata alla decisione presa dai familiari, facendo perdere le proprie tracce. La sua storia è venuta alla luce perché i genitori hanno denunciato la scomparsa alla Polizia, ma dopo una breve attività d’indagine, gli agenti hanno scoperto che, con l’aiuto di un coetaneo, la giovane rom si era nascosta per non venire rintracciata dai genitori e non essere così costretta a partire per la Francia.

Se la vicenda della dodicenne forse non si concluderà con il matrimonio è solo perché l’episodio è stato denunciato alla procura dei minori, ma per un caso che potrebbe essere in via di risoluzione, a Palermo ve ne sarebbero molti altri, in una sorta di sottobosco che mette insieme pratiche religiose, consuetudini e usanze di Paesi lontani in un mix che porta, appunto, a matrimoni combinati di bambine o adolescenti con parenti, visti a volte soltanto in fotografia.

L’edizione palermitana di Repubblica, a questo proposito, racconta di diversi episodi avvenuti in varie scuole del centro storico di Palermo. Alcune ragazzine trovano la forza di raccontare il loro dramma, altre tacciono. Il quotidiano riporta, fra gli altri, il caso di una sedicenne del Bangladesh, destinata fin dalla nascita ad uno zio di trent’anni più vecchio. L’adolescente avrebbe avuto il coraggio di confidarsi con gli insegnanti, ma di lì a poco è sparita nel nulla. Un altro caso è quello di una quattordicenne, che ha lasciato l’ultimo anno della scuola media che frequentava, per essere letteralmente spedita (è il caso di dirlo) in Pachistan. O ancora, una ragazzina dello Sri Lanka, predestinata anche stavolta a un parente residente nel Paese d’origine e rinchiusa in casa per tre settimane, perché la giovane aveva nel frattempo mostrato interesse per un coetaneo palermitano.

«Purtroppo il fenomeno è ancora più esteso», sottolinea Souad Sbai, giornalista di origine marocchina e deputata di Lega-Noi con Salvini: «il 60 per cento delle bambine maghrebine che vivono in Italia non frequenta la scuola dell’obbligo. Che fine hanno fatto? Sono diventate spose bambine? Sono segregate in casa? Sono prossime jiahdiste? Ho presentato su questo una denuncia alla procura di Roma e avvisato la ministra dell’istruzione. Queste bambine vanno salvaguardate e non è certo con lo ius soli che potranno essere aiutate: anzi, se dovesse passare la legge, diventeranno merce di scambio».

Dove sono i fautori del pensiero buonista e dei teorici dello “ius soli” a tutti i costi? Silenziosi… Non a caso. 

 

* Articolo tratto dal quotidiano Libero

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