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Il giallo delle foto di Falcone a Capaci: “Arrivai per primo. I miei rullini presi dai servizi sono spariti” [VIDEO-FOTO]

sabato 25 Novembre 2017

“Il luogo della strage di Capaci sembra un film di guerra”, lo ricorda così quel 23 maggio 1992, Antonio Vassallo. Il fotografo residente tuttora a pochi passi dal punto in cui morì il giudice Giovanni Falcone, è stato tra i primi ad arrivare sul luogo dell’attentato mafioso.

Dopo 25 anni, ha rivelato a Das Erste (il primo canale della tv pubblica tedesca) un dettaglio importante che finora è passato inosservato. «Io abito qua vicino. Appena ho sentito l’esplosione – racconta al programma Weltspiegel – ho visto un enorme nuvola di fumo. Mentre mi avvicinavo, vidi il grande cratere… Falcone aveva gli occhi semi-aperti, e il suo sguardo sembrava dire: “Mascalzoni, ce l’avete fatta ad ammazzarmi”. Scattai delle fotografie che furono subito sequestrate da due agenti in borghese dei servizi segreti. Di queste fotografie non c’è più traccia. Sono state fatte sparire. Una cosa scandalosa».

La storia del rullino sparito era già stata raccontata da Vassallo, prima in un’intervista al Tg2; e poi nel settembre  2015 al Tg3. «Dopo aver scattato le foto due tizi mi sventolarono un tesserino in faccia e, dopo avermi strattonato, mi obbligarono a consegnare il rullino. Glielo diedic convinto di poter dare una mano alle indagini… Dopo anni di silenzio decisi di andare a raccontare tutto a Ilda Boccassini (che indagava sulla strage, ndr). Lei cadde dalle nuvole sentendo la mia storia: del rullino non c’è più traccia. Il giorno fui convocato dal questore Arnaldo La Barbera che si scusò dicendomi che il ritardo era dovuto al fatto che l’agente aveva dimenticato il rullino in tasca. Ma le foto non arrivarono mai alla procura di Caltanissetta. Non sono più saltate fuori».

Un mistero che si aggiunge ai tanti “pezzi mancanti” dell’attentato a Falcone. Il sospetto di Vassallo è che magari, senza volerlo, quel 23 maggio 1992 abbia immortalato qualcosa che non avrebbe dovuto. A ciò si aggiunge un altro dettaglio: la Quarto Savona 15, l’auto della scorta di Falcone, «era integra dopo l’esplosione e non accartocciata come la vediamo oggi». Un altro pezzo di un puzzle difficile da capire e ultimare.

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