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Ritroviamo l’orgoglio siculo: progettiamo sviluppo

mercoledì 2 Agosto 2017

C’è una caratteristica propria del siciliano che filtra ogni avvenimento ed ogni cosa attraverso le lenti negative del pessimismo, impedendo agli occhi di godere della Bellezza che impregna la nostra terra. E di sentirsi in qualche modo responsabile di valorizzare questa Bellezza creando – con impegno quotidiano (le cose non accadono, ma con fatica si perseguono) – le condizioni per sviluppare la Sicilia partendo proprio da ciò di cui è più feconda.

L’apotropaico spirito del siciliano è un’ancora che non permette alla nave della creatività di liberarsi dal porto, ma che soprattutto restringe le profondità degli orizzonti. Stare ormeggiati nel porto (credendosi così al riparo dalle intemperie del mare) ha spesso rassicurato i siciliani. “Una nave in porto è sicura, ma non è per questo che le navi sono state costruite”.  

Non siamo abituati a guardare l‘orizzonte , ad avere una vision. Un punto a cui tendere.

Siamo stati abituati dalle etichette date dalle classificazioni europee a pensarci come una regione che “a cui toccavano” le risorse dell’Europa. “Regione Obiettivo 1”(nel ciclo 2000-2006) e poi “Regione Convergenza (2007-2013) attribuito alle Regioni dell’Europa il cui prodotto interno lordo pro capite (Pil/abitante) era inferiore al 75% della media dell’UE: a queste Regioni veniva concesso un maggior numero di risorse e con tassi di cofinanziamento massimi.

Convergere era una parola positiva che avremmo dovuto comprendere e sfruttare, ma ci siamo persi dietro le rendicontazioni (e le recriminazioni) tardive ed i cantieri mai finiti. O peggio, finanziando a pioggia progetti pubblici che non hanno sviluppato i territori né creato equità sociale e progetti di impresa che non hanno superato la prova di mercato e non hanno quindi prodotto quel salto nella classe superiore. Forse ci siamo lasciati ingannare dalla parola Convergere che nella Treccani è indicato come un verbo di moto <Tendere, muovendo da punti diversi, verso un unico punto o limite>. Ma invece di metterci in moto ci siamo fermati spaventati dal limite. E abbiamo preferito dibattere per due decenni sulle percentuali di spesa certificata, attribuendo a questa o a quella fase politica la responsabilità di non avere saputo investire sulla Bellezza della nostra terra.

Le risorse dell’Europa non ci toccano per principio comunitario ma sono l’occasione che l’Europa ci mette a disposizione nel nuovo ciclo 2014-2020 solo se ci dimostriamo in grado realizzare un processo di crescita mirata che ci porti a <convergere> verso i livelli di competitività delle altre Regioni d’Europa. Non è una lista dei bisogni dei territori o peggio la lista dei disavanzi che decenni di malagestione hanno lasciato in eredità, una cambiale che ci ha indebitato il futuro e che pensiamo di portare in cassa. L’Europa è un’opportunità. Ma solo per chi intraprende percorsi di crescita, non per chi presenta il conto del passato.

Oggi l’etichetta che l’Unione Europea dà alle Regioni con un PIL minore della media e che sono caratterizzate da un divario infrastrutturale e di equità sociale che le rende beneficiarie dei Fondi in misura massima è di una chiarezza inequivocabile : Regioni LD, Low Development: Regioni a basso tasso di sviluppo.

Detto così suona (finalmente) come un ultimo appello. Convergere era il fine da perseguire ed invece siamo rimasti ancorati al porto. A motore spento e a vele ammainate. Sottosviluppato invece è un’equazione matematica che deriva dall’analisi secca di tutti gli indicatori che ci vedono indietro rispetto la crescita delle altre Regioni d’Europa.

E di solito quando il Siciliano lo metti davanti all’evidenza reagisce. Spunta l’orgoglio siculo. Quello che fa alzare le vele e mollare gli ormeggi. Perché se sono io che mi sento svantaggiato passi, ma che nessuno mi dia sentenze di ultimo della classe.

E ripartiamo allora da questo, riscopriamo l’orgoglio di investire nella nostra identità, nella capacità dei nostri giovani, nella creatività, nella cultura, nell’agricoltura, nella innata capacità di accogliere e con generosità condividere la nostra Bellezza.

Cambiamo le lenti ai nostri occhiali. Modifichiamo il nostro frasario. Narriamo la Bellezza della nostra terra con la lucidità di chi fa esperienza di tutto ciò che non va, ma costruisce navi per prendere il largo. Riscopriamo il senso di appartenenza puntando sulle  eccellenze della nostra terra e valorizzando i tanti progetti che raccontano storie positive. E appropriamoci di un termine nuovo che guarda avanti: progettiamo sviluppo. Non presentiamo liste di progetti presi dal cassetto, ma creiamo opportunità concrete di crescita endogena. C’é una scommessa nuova che ci lancia l’Europa ed è quella che ci invita a diventare autonomi nello sviluppo e che ci farà uscire in rada:  selezioniamo le energie migliori e ripartiamo. Orgogliosamente. 

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